Museo

Museo

Foto © Fotoeden

Introduzione

Dipinti e documenti sull'origine di S. Angela

Incisione del XVII secolo che rappresenta il territorio di Brescia

Documenti sull'infanzia di S. Angela

Un dipinto di S. Angela e una pianta di Brescia '500

Insigni contemporanei di S. Angela

I viaggi di S. Angela: Mantova, Terrasanta, Roma

Origine e fondazione della Compagnia di S. Angela

Opere artistiche sulla costituzione della Compagnia di S. Angela

Il ritratto dal vero di S. Angela eseguito dal Moretto

La morte di S. Angela e la causa di beatificazione

Un ricamo dedicato alla patrona della Compagnia: S. Orsola

Una tela ragffigurante S. Angela, opera di Domenico Caretti

Ritratti di Maddalena ed Elisabetta Girelli

 

Museo

Museo

Introduzione


Il museo mericiano è collocato nella cinquecentesca sala dei Canonici lateranensi, adibita in passato probabilmente a refettorio, poi a sagrestia, annessa alla chiesa di Sant'Afra, ora di Sant'Angela. È stato allestito nel 1999, raccogliendo materiali per lo più conservati dalla Compagnia di Sant'Angela, nell'intento di proporre al visitatore un percorso documentario lungo la vita della Merici.
Non si tratta di un museo nel senso stretto del termine, poiché non vi sono riunite, se non in minima parte, opere d'arte sulla Santa pregevoli in sé, che pure esistono sparpagliate nella provincia bresciana, in Italia, nel mondo intero. Qui non ci sono neppure oggetti provenienti dall'umile e sublime quotidianità di Angela, di cui nulla è rimasto. Di quel poco che lasciò alla sua morte, niente è sopravvissuto fino a noi, né il suo libro di preghiere, né la corona del rosario, donati alle sue consorelle, né la disciplina, né il cilicio, conservati fino al 1810 e poi scomparsi.
Ciò che resta di lei, e che più conta, è il suo messaggio di fede e di carità, perpetuato e praticato dalle sue Figlie, e la devozione del suo popolo, testimoniati in questi luoghi.

Le opere sono disposte su tredici pannelli contrassegnati da un numero progressivo, a partire da sinistra entrando, in modo da disegnare un cammino nel tempo. I quadri appesi al muro o posti su cavalletti, sono descritti mano a mano che si incontrano nel percorso della visita.
Nelle bacheche al centro della sala, sono raccolti cimeli appartenuti a Elisabetta e Maddalena Girelli, le Figlie di Sant'Angela che hanno il merito di avere ricostituito la Compagnia nel 1866. Vi si trovano anche alcuni dei libri più antichi dedicati alla Merici.

INDICE

Museo
Angela

Dipinti e documenti
sull'origine di S. Angela


A destra della porta d'ingresso, appeso al muro, troviamo la copia di un dipinto del secolo XVII, il cui originale è conservato nella chiesa parrocchiale del quartiere San Polo di Brescia, intitolata alla Santa. Rappresenta Angela, come molti altri ritratti eseguiti dopo la sua morte, con le caratteristiche fisionomiche del suo volto, visibile fin dal 1580 grazie all'esposizione al pubblico del corpo. Anche l'abito grigio e il velo con cui la Merici appare in questo quadro, sono simili a quelli da Terziaria francescana con i quali volle essere sepolta.
Sul primo pannello, vediamo un dipinto a olio dell'inizio del Novecento, di forma ovale, che rappresenta Angela inginocchiata in preghiera davanti al Crocefisso, mentre riceve l'illuminazione divina all'origine della sua chiamata.
Accanto, troviamo la riproduzione di una pagina di Mattia Bellentano che, nello stile metaforico tipico del periodo in cui fu scritta, ci parla della vocazione della futura Santa. Vi troviamo indicati il luogo della nascita, Desenzano, il nome della famiglia paterna, Merici, e materna, Biancosi.
La didascalia posta nella parte bassa del pannello, riporta una frase ricavata dalla vita che Bernardo Faino, uno dei primi biografi della Santa, scrisse un secolo dopo la sua morte. L'anno di nascita indicato, il 1474, non è certo, ma è comunemente accettato. L'imposizione del nome di battesimo, Angela, è fatta risalire all'ispirazione di Dio, che voleva fare di lei la fondatrice di una "Compagnia Angelica".

INDICE

Incisione del XVII secolo
che rappresenta il territorio di Brescia


Una pagina del Faino descrive qui la cittadina di Desenzano, sul lago di Garda, collocata in un territorio favorito dalla natura.
Di quel grosso paese, Angela è patrona dal 1962, nonostante il privilegio di averle dato i natali sia rivendicato anche dalla contigua Salò.
Un'incisione del XVII secolo rappresenta il territorio di Brescia. Quando nasce la Merici è uno dei più ricchi domìni della Repubblica di Venezia e comprende la zona del Garda, dipendente invece dalla curia di Verona.
Angela cresce in una famiglia di radicati principi cristiani e di modesta condizione sociale, anche se imparentata con persone influenti. Suo padre, Giovanni, vive lavorando la terra. Ha una sorella e dei fratelli. Adolescente, perde la sorella ed entrambi i genitori. Esposta ai pericoli di quegli anni turbolenti, viene accolta nella casa di un agiato zio materno, a Salò, frequentata da persone raffinate e colte, e impara a leggere. Per scrivere si avvarrà sempre di segretari.
La sua spiritualità si arricchisce con la frequentazione di un convento francescano della zona, cui segue la sua entrata nel Terz'ordine. La religiosità della Merici sarà sempre contrassegnata dai caratteri del Santo di Assisi, come l'integrità della fede e l'obbedienza alla Chiesa, la missione di pace e la vita di penitenza, povertà e carità.
Nell'incisione del Settecento sono rappresentati il ducato di Milano e la diocesi di Brescia. Milano e Venezia, durante il XVI secolo, si contendono la città di Brescia e la sua provincia, che passano dall'una all'altra più volte.
In basso troviamo la copia di una pagina manoscritta della prima biografia di Angela, redatta da Giovan Battista Nazari, trascritta nel pannello successivo.

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Chiesa
Angela
Arazzo




Documenti sull'infanzia di S. Angela


Il brano del Nazari, dà notizie sulla sua famiglia, sull'istruzione religiosa che il padre le trasmette con la lettura dei testi sacri, sulla preghiera e sulle penitenze cui fin da fanciulla si sottopone, e sull'esperienza determinante della morte prematura dell'amata sorella.

Accanto, troviamo una pagina in cui sono riprodotti altri due passi. Il primo, ancora del Nazari, ci parla della celebre apparizione in cui Angela vede la sorella trionfante in una schiera di angeli. Il secondo, di Pietro Bagatta, scritto due secoli dopo, riporta ciò che riferisce la tradizione a proposito di quella visione.

In un dipinto ovale dell'inizio del Novecento, è rappresentata la giovane Merici in abiti da contadina che, in una campagna fiorita di gigli, vede una schiera di angeli e vergini.

Si tramanda infatti che alle Grezze, la località desenzanese in cui si trovano la casetta e il podere dei Merici, la Santa ha una visione paradisiaca che prefigura la creazione della Compagnia. I biografi ne parlano ripetutamente e, nonostante qualche divergenza, concordano sugli elementi figurativi che compaiono in questo dipinto. La veridicità dell'apparizione fu riconosciuta dal processo di canonizzazione del 1808, che confermò anche i particolari qui rappresentati: il luogo campestre, l'ora meridiana, la sorella, la schiera di angeli. Il Cozzano, però, fedele segretario e testimone delle parole della Santa, non cita nessuno di questi elementi, limitandosi a parlare di un intervento divino, di un'illuminazione soprannaturale, della chiamata a una missione non solo umana. Secondo la tradizione, le visioni sarebbero due e nella seconda sarebbe stato indicato anche il luogo in cui la missione doveva realizzarsi, identificabile con Brescia.

Lo stendardo esposto accanto, di fattura novecentesca, riproduce l'episodio del quadro contiguo. La forza della tradizione è testimoniata nella ripetizione dello schema figurativo e dei particolari.

Sotto lo stendardo è riportato ancora un brano tratto dalla biografia del Nazari, in cui sono esposte le ragioni che conducono Angela a Brescia, luogo predestinato, dopo un breve ritorno nella casa paterna. Nel 1516, infatti, i Francescani di Salò la inviano nel capoluogo a consolare una nobile vedova, Caterina Patengola, cui sono morti due figli, forse per i tragici eventi bellici degli anni precedenti.

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Dipinto

Brescia
Brescia tra
il '400 e il 500



Un dipinto di S. Angela
e una pianta di Brescia '500


Il dipinto su tela dell'Ottocento qui esposto, reca un'immagine della Santa in abito da Terziaria francescana.

Così deve essere apparsa al mercante Antonio Romano, quando egli afferma, nella testimonianza del 1568 riportata sotto il ritratto, di aver incontrato nell'ospitale dimora dei Patengola "Madre Suor Angela da Desenzano, consacrata del Terzo Ordine dei Frati Minori".

Passati alcuni mesi, dopo essere riuscita a pacificare il cuore di Caterina con la sua parola illuminata, la Merici accoglie l'offerta di Antonio di trasferirsi in un alloggio di sua proprietà.
La pianta prospettica di Brescia, può dare un'idea di quella che divenne per Angela la "sua" città.

Tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, il territorio bresciano conosce un periodo di particolare floridezza, confermata dalla forte ascesa demografica che vi si produce. Tale favorevole condizione viene a cessare con il Sacco, la carneficina operata nel 1512 da mercenari al soldo dell'esercito francese, che suscita il biasimo di tutta Europa per la sua efferatezza.

I diecimila morti di quei giorni non bastano a far cessare le violenze, le proscrizioni, le condanne. La città, nei quattro anni successivi, passa tre volte di mano, fino a quando, nel 1517, i Veneziani, vinti gli Spagnoli, ne rientrano in possesso. È in questo clima turbolento che Angela approda a Brescia.

Tuttavia, come afferma la relazione qui trascritta, presentata dal podestà di Brescia, Pietro Tron, al Senato della Repubblica veneziana, dopo soli tre anni dal ritorno della Serenissima e otto dal terribile evento, la città ha ripreso vigore e ricchezza. Egli conclude dicendo che nella "Magnifica Cità ... non par sia mai sta sacho".

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Zane
Mons. Paolo Zane

Cornaro
Mons. Francesco Cornaro


Cabrini
Padre Francesco Cabrini

Agostino
Agostino Gallo

Insigni contemporanei di S. Angela


I due ecclesiastici di cui qui sono riprodotti i ritratti sono Paolo Zane e Francesco Cornaro, veneziani, succedutisi nella sede vescovile di Brescia negli anni in cui vi vive la Merici.

Il brano che li accompagna parla dell'ingresso del cardinal Cornaro, avvenuto nel 1532 con una splendida processione. La città, nella prima metà del Cinquecento, vive in una situazione spirituale quanto mai contraddittoria.

Da un lato il clero secolare si sottrae agli impegni pastorali in un rilassamento morale condiviso da quello conventuale (su cui pesa anche il fenomeno delle monacazioni forzate), dall'altro lato alcuni ordini religiosi, come quelli dei Servi di Maria, dei Domenicani, dei Benedettini, si mobilitano per contrastare la cultura paganeggiante e il luteranesimo che dilagano.

Tra i loro esponenti di primo piano vi sono personaggi come il bergamasco Girolamo Emiliani, che apre il primo oratorio maschile di Brescia e fonderà l'ordine dei Somaschi, e padre Francesco Cabrini, raffigurato nel terzo ritratto.

Cabrini riordina la Compagnia dei Padri della Pace, redigendo, nel 1563, le sue "Prime Costituzioni". In questo scritto, di cui riportiamo la parte iniziale, si riconoscono, oltre all'impronta post-tridentina, alcuni tratti tipici della spiritualità mericiana.

Sono attivi nella città anche i Teatini, congregazione fondata da Gaetano da Thiene, e i Canonici laterenensi, che risiedono nell'edificio annesso alla chiesa allora dedicata a Sant'Afra, ora Santuario di Sant'Angela.

La sala in cui in cui ci troviamo era probabilmente, come abbiamo già detto, il loro refettorio.
Figura preminente, legata a questi ambienti, è quella del nobiluomo Bartolomeo Stella, che nel 1521 fonda a Brescia l'Ospedale degli Incurabili (inizialmente i sifilitici, poi i malati gravi in genere).

In quegli anni, in varie città italiane, vengono creati "luoghi pii" di questo genere da un'élite di laici, appartenenti alla Compagnia del Divino Amore, uomini e donne, che conducono una vita religiosa intensa e caritatevole. La segretezza dell'associazione, nata a Genova alla fine del Quattrocento, ci impedisce di conoscere i nomi degli adepti, ma è certo che lo Stella ne abbia fatto parte.

All'indomani del Sacco, la contessa Laura Gambara e la giovane vedova Isabetta Prato, attive in quel contesto, avevano deciso di privilegiare le numerose donne rimaste vittime della brutalità dei soldati, della malattia, della miseria.

I fitti legami personali e le analogie spirituali con questi benefattori e benefattrici fanno pensare che, in quel fervore caritativo, il ruolo della Merici sia stato determinante. Un collaboratore dello Stella, Giacomo Chizzola, diventerà più tardi "protettore" della Compagnia di Sant'Angela.

Il più noto degli amici di Angela è Agostino Gallo, l' umanista esperto di agricoltura ritratto nell'incisione, autore di un best seller del tempo. Le dieci giornate della vera agricoltura, e piaceri della villa, in cui è esaltata la vita campestre in contrapposizione a quella mercantile e militare. Collaboratore dell'Emiliani e dello Stella, Gallo conosce la futura Santa grazie alla sorella Ippolita, divenuta Terziaria francescana dopo la morte del marito.

Come testimonia il passo riportato, la loro amicizia si intensifica nel 1529, quando, trentenne, insieme all'amico Girolamo Patengola, egli la invita a lasciare Brescia minacciata d'assedio da Carlo V, alla volta di Cremona.

Al ritorno, la Merici vive in casa di Gallo forse per due anni, ed egli la accompagna, nel 1532, nel secondo pellegrinaggio a Varallo. Fu Agostino a fornire queste e molte altre preziose informazioni al Nazari, autore della prima biografia della Santa.

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Angela
Angela Merici pellegrina

Angela
Angela Merici
madre e maestra




I viaggi di S. Angela: Mantova, Terrasanta, Roma


Angela, lasciati i Patengola, abita per quattordici anni nella casa di proprietà del Romano, vicino a Sant'Agata, dove può frequentare la chiesa e accostarsi ai sacramenti, come prescrive la sua condizione di Terziaria, e portare il proprio contributo di idee e di carità a tutti quelli che la avvicinano.
La Merici diventa così autorevole e tenera Madre di una folta schiera di figli spirituali, prevalentemente umili e sventurati bisognosi d'aiuto, ma anche personaggi di primo piano in cerca di consigli.

La sua fama di santità e di saggezza richiama Francesco Sforza, che intrattiene con lei un rapporto intenso e duraturo, e numerosi religiosi, che trovano in questa illetterata una singolare capacità di interpretazione dei testi sacri. Intorno a lei si riuniscono in numero sempre maggiore le donne, nobili e popolane, per avere il suo aiuto e per collaborare con lei nel soccorso ad altre donne.
La Merici si allontana dalla città solo per rispondere al proprio profondo bisogno di affinamento spirituale. Il primo viaggio è intrapreso tra il 1517 e il '24, e ha come meta Mantova, dove si reca per venerare la tomba della beata Osanna Andreasi.
Nel 1524 parte, insieme al fedele Antonio Romano, per il pellegrinaggio in Terra Santa. Le due incisioni affisse ci mostrano il territorio della Palestina e la città di Gerusalemme.
Angela, per raggiungere la sua meta, si reca a Venezia, poi si imbarca. Durante il viaggio d'andata, una malattia, certo un segno divino, la priva quasi completamente della vista e la costringe a vedere i luoghi della vita di Gesù solo con gli occhi dell'anima. Poi l'avventuroso viaggio di ritorno, con una tragica burrasca, un attacco di pirati e le minacce turche; infine il ritorno nella città lagunare, dove la sua fama le procura l'invito a trattenersi. Ma la missione che l'aspetta la spinge a rientrare al più presto a Brescia.

Nella sottostante incisione, vediamo una pianta di Roma, dove la Merici si reca in pellegrinaggio nel 1525, in occasione del Giubileo, desiderosa di accostarsi alle reliquie dei primi martiri.
Il papa Clemente VII, che ha sentito parlare delle sue virtù, la riceve. Ma la possibilità che egli la inviti a rimanere, fa sì che Angela acceleri il ritorno nella sua città.

In una pagina vicina sono riportate alcune testimonianze tratte dalla biografia del Nazari, su tre dei quattro pellegrinaggi compiuti dalla Santa.

A destra del sesto pannello, prima della finestra, troviamo un grande dipinto settecentesco di Giuseppe Fali. Angela vi appare in un ruolo, inconsueto per una donna di quel tempo ma essenziale per la spiritualità mericiana, quello di pellegrina, di cui puntualmente l'iconografia rende conto. Il paesaggio rappresentato è quello di Creta, dove, secondo la tradizione, durante il viaggio di ritorno dalla Palestina, la Merici recupera la vista davanti a un Crocefisso. Il corpo della Santa, dopo la morte, sarà sempre accompagnato dal suo bastone di viaggio.

A destra della grande finestra della sala vi è un pastello su carta di Pietro Calzavacca, di grande formato, che mostra Angela come madre e maestra. La Santa è effigiata mentre, con un libro in grembo, insegna una preghiera a una bimba, che le sta accanto a mani giunte; ella indossa, come in altre immagini, un abito simile a quello delle Orsoline, l'ordine conventuale che si ispira alla sua Regola e al suo messaggio pedagogico.
La Merici, creando una Compagnia di vergini che, anche se consacrate, vivono nel mondo senza barriere o segni esterni che le difendano o le distinguano dalle donne comuni, fu una geniale precorritrice di recenti scelte ecclesiali. La maternità e il magistero sono espressioni complementari della spiritualità della Merici, sviluppate in primo luogo in direzione religiosa ma volte anche alla promozione della donna in generale.

Alla Madre non può certo sfuggire l'umiliazione che affligge le donne del suo tempo, tenute sotto tutela dal padre o dal marito o dal convento, prive addirittura di identità e di dignità sociale al di fuori della condizione di figlie, mogli o monache. Progetta allora arditamente di creare una struttura che permetta alle donne che non vogliono o non possono entrare in convento, di consacrarsi a Dio restando nel mondo, come ha fatto lei stessa, e la concepisce così aperta e flessibile da adattarsi alle esigenze di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
La Maestra elabora allora, per le sue Figlie e per le giovani donne in generale, una pedagogia assolutamente rivoluzionaria, affermando che l'educazione, concepita come servizio amorevole, deve essere piacevole e dolce, e deve tener conto anche dei bisogni materiali.

INDICE

aterina
Caterina d'Alessandria




Origine e fondazione della Compagnia di S. Angela


Da Brescia, dove si teme il ripetersi delle barbarie del 1512, Angela è costretta ad allontanarsi nel '29, per raggiungere Cremona insieme a Girolamo Patengola e alla famiglia Gallo, che là possiede una casa. In quel periodo, a causa di una grave malattia giunge in punto di morte, ma inspiegabilmente guarisce. Lo stesso anno, intraprende il primo pellegrinaggio al Sacro Monte di Varallo, in provincia di Vercelli, la "Gerusalemme nuova" in cui rivive con commozione l'esperienza del viaggio in Terra Santa.
Al ritorno da Cremona, la Merici vive qualche tempo in casa di Agostino Gallo, in vicolo San Clemente, ma in seguito si stabilisce prima vicino a San Barnaba, poi, con Barbara Fontana, in una cameretta attigua alla chiesa di Sant'Afra, dove può più liberamente incontrare le sue adepte.
Simona, Laura, Peregrina, Chiara, Barbara cominciano a riunirsi intorno a lei nell'"oratorio" di piazza del Duomo messo a loro disposizione da Isabetta Prato. Secondo alcuni biografi, il nuovo pellegrinaggio a Varallo del 1532 potrebbe essere il preludio della Fondazione della Compagnia se, come pare, vi partecipano quelle che diventeranno le prime Figlie di Angela.
Nel 1533, quasi sessantenne, la Merici fa decorare l'Oratorio con affreschi, poi distrutti insieme alla casa, in cui compaiono le figure che incarnano i suoi ideali cristiani: il Crocefisso con una schiera di angeli che piangono la sua morte, i misteri della vita di Gesù e di Maria, Santa Elisabetta, dedita ai poveri e agli ammalati, i Santi patroni di Brescia e le prime vergini cristiane, tra cui Orsola.
Nel 1535, mentre prepara le sue ventotto seguaci a far parte della Compagnia, Angela redige la Regola. Il 25 novembre, undicesimo anniversario del ritorno dalla Terra Santa, ha luogo dopo la messa, probabilmente nella chiesa di Sant'Afra, la cerimonia costitutiva, durante la quale viene scritto il nome di ciascuna Figlia nel Libro della Compagnia, come ratifica della scelta fatta "allegramente e di propria volontà".
Il settimo pannello reca un dipinto a olio del Calzavacca, che rappresenta Caterina d'Alessandria, la Santa festeggiata dalla chiesa proprio il 25 novembre.

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Nozze
Nozze mistiche
di Santa Caterina
d'Alessandria

Dipinto di
Girolamo Romanino




Opere artistiche sulla costituzione
della Compagnia di S. Angela


Il Secondo Libro Generale, nella frase riportata, afferma che Angela sceglie quel giorno per fondare la sua Compagnia anche perché vuole proporre Caterina come modello alle sue vergini.
La costituzione della Compagnia è quasi certamente oggetto della tela di un grande pittore bresciano del Cinquecento, Girolamo Romanino. Per la sua importanza storica e artistica, l'opera è riprodotta nel museo, anche se l'originale si trova nel museo di Memphis, negli Stati Uniti. Databile al 1535 o a poco dopo, vi figurano Santa Caterina, in ginocchio, che riceve l'anello nuziale da Gesù Bambino tenuto sulle ginocchia dalla Madonna, San Lorenzo, Sant'Orsola, con lo stendardo rossocrociato, e all'estrema destra Angela, a mani giunte e in ginocchio, vestita da Terziaria. Sullo sfondo, Brescia, con il suo Castello, nella notte. La Merici, per chi guardi il ritratto post-mortem del Moretto su cui ci soffermeremo tra poco, è ben riconoscibile dagli zigomi sporgenti, dal naso e dal labbro inferiore pronunciati.

Un bassorilievo in bronzo di Ettore Calvelli rappresenta la fondatrice con le sue prime Figlie.
È anche riprodotto il decreto di istituzione della Compagnia, che ha luogo nel 1536 con l'approvazione della Regola da parte di Lorenzo Muzio, vicario del vescovo di Brescia.
L'anno seguente vengono eletti con atto notarile i componenti degli organismi della Compagnia: Angela ne è riconosciuta Madre, ministra e tesoriera, quattro vergini sono designate maestre delle altre, quattro vedove sono chiamate a essere madri delle vergini, quattro uomini sono indicati come agenti e padri spirituali. Da questo documento possiamo ricavare il numero esatto delle componenti, settantasei, e conoscere la loro estrazione sociale, assai varia; esso ci fa anche capire che la Merici, cosciente della necessità di procurare alle sue umili Figlie l'appoggio di persone influenti, fece scelte di grande realismo.

Nella piccola incisione appesa in bsso vediamo Orsola, una santa di importanza capitale per la spiritualità mericiana, riconoscibile dalle frecce e dalla palma del martirio che reca in maano.

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Ritratto
Angela Merici
Il dipinto del Moretto




Ritratto dal vero di S. Angela
eseguito dal Moretto


La Compagnia è infatti intitolata a Sant'Orsola, raffigurata in un dipinto di fine Ottocento. Angela ha probabilmente conosciuto fin da bambina la martire, assai venerata al suo tempo, e ha certo ammirato gli splendidi dipinti di Carpaccio e di Moretto in cui è effigiata. Secondo la tradizione, Orsola, principessa britannica promessa in sposa a un pagano, sceglie la verginità e va pellegrina a Roma con undicimila vergini a venerare le reliquie dei martiri; tornata a Colonia, per rimanere fedele a Cristo si sottopone al martirio coinvolgendo le sue compagne, uccise con lei dalle frecce degli Unni. Al di là dei risvolti favolosi, questa Santa rappresenta per la Merici l'ideale di donna che vuole proporre alle sue Figlie, in cui si uniscono contemplazione e azione, consacrazione e apostolato.
Nel 1539, quando le sue Figlie sono diventate centocinquanta, Angela, sentendo arrivare la fine, detta al fedele Cozzano i Ricordi per le Colonnelle e il Testamento per le Governatrici, due testi con cui si congeda dalle consorelle raccomandando loro la carità e la concordia, ed esprimendo gioia, consolazione e gratitudine. Insieme alla Regola i due scritti costituiscono un piccolo capolavoro di spiritualità e di pedagogia.

A destra, appoggiato su un cavalletto, possiamo vedere l'unico ritratto dal vero della Santa, eseguito, probabilmente su invito dell'amico Gallo, da Moretto, il maggior rappresentante del prestigioso Rinascimento pittorico bresciano. La sua realizzazione fu possibile grazie alla prolungata esposizione del corpo della Merici, dopo la morte. Si tratta di un'opera estremamente realistica, in cui l'autore sembra aver voluto fissare sulla tela solo i tratti fisici del viso di Angela. Egli rinuncia a qualsiasi idealizzazione, affidando l'espressione del Sublime alla realtà cruda della morte.

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Tomba
La tomba di
S. Angela Merici




La morte di S. Angela e la causa di beatificazione


Sulla pagina affissa nella parte bassa del pannello sono riportate alcune testimonianze sulla morte della Merici, avvenuta il 27 gennaio 1540. La Santa cessa dunque di vivere a sessantasei anni nel desiderio di unirsi a Dio, dopo una malattia sconosciuta durante la quale non smette di esortare al bene gli innumerevoli visitatori che accorrono nella sua cameretta.
Il suo corpo viene trasportato nella cripta della chiesa di Sant'Afra e nel breve tragitto riceve gli onori che si tributano ai grandi della storia. Là le sue spoglie rimangono incorrotte per trenta giorni, contese fra Sant'Afra e il Duomo, del cui territorio fa parte l'oratorio della Compagnia. Infine Angela viene sepolta nella cripta in cui è stata esposta.
Nel 1568 viene aperto, in vista di una futura beatificazione, un primo interrogatorio di quattro testimoni che hanno conosciuto la Santa, sulla scorta del quale il notaio Nazari compone la sua prima biografia.

Nel 1580, dopo l'apertura del sepolcro, il corpo, in buona parte non decomposto, viene messo in un'urna di cristallo, sostituita successivamente da altre più preziose fino all'attuale, del 1907.
L'incisione affissa raffigura uno dei sarcofagi di vetro in cui in cui fu posto il corpo della Merici.
Nello stesso anno, Carlo Borromeo promette di inoltrare la causa di beatificazione, ma muore prima di portare a termine l'iniziativa.

Dopo due secoli dalla morte, un'orsolina claustrale di Roma si fa postulatrice della causa di beatificazione della Merici. Il decreto di approvazione del culto, con il riconoscimento del titolo di beata, è emesso il 30 aprile 1768 da Clemente XIII. Il 24 maggio 1807 Pio VII la proclama Santa. Pio IX nel 1861 ne estende il culto alla Chiesa universale.
La seconda incisione qui esposta raffigura la proclamazione della santità di Angela.

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Orsola
S. Orsola
in un ricamo





Un ricamo dedicato a S. Orsola
patrona della Compagnia


Su questo pannello troviamo un ricamo incorniciato, di forma ovale, probabilmente realizzato da una Figlia. Vi figurano Sant'Orsola, la patrona che regge in mano lo stendardo rosso crociato, e Sant'Angela, inginocchiata davanti a lei.

Lo stendardo appeso accanto ripropone le stesse figure, inserite in un identico schema figurativo.

La pagina che sta sotto l'ovale, ricavata da un'opera del Doneda del 1768, anno della beatificazione di Angela, tratteggia la figura di Orsola e ribadisce la sua funzione di modello per la Compagnia di vergini a lei intitolata.

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Tela raffigurante
Angela Merici





Una tela raffigurante S. Angela,
opera di Domenico Caretti


Su questo pannello troviamo un dipinto su tela, attribuito a Domenico Caretti, che rappresenta la Merici con un viso più giovane rispetto a quello con cui appare in molte effigi realistiche. Ciononostante, le nodosità delle mani mostrano i segni che la vita di penitenza ha lasciato su di lei. Dormiva infatti per terra su una stuoia, si nutriva di verdura e di frutta, mangiando il pane non più di due volte la settimana e digiunando per lunghi periodi. L'opera non firmata né datata, è collocabile nell'ambito pittorico bresciano dei primissimi anni del Settecento. L'effigie fu eseguita prima della beatificazione, perché Angela è priva di aureola, anche se investita da raggi di luce. È infatti appurato che la Merici fu oggetto di venerazione già prima della canonizzazione.

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Elisabetta Girelli


Maddalena Girelli

Ritratti di Maddalena ed Elisabetta Girelli


Sono qui affissi i ritratti delle Venerabili Maddalena ed Elisabetta Girelli che nel 1866, con cinquantotto compagne, come indicano le pagine sottostanti, fecero rinascere la Compagnia dopo la soppressione del 1810.
Li accompagna un ritratto di padre Giuseppe Chiarini, che sostenne nella loro opera le sorelle Girelli.

Compaiono qui alcuni scritti delle Girelli e di padre Chiarini, e la relazione del vescovo di Brescia, Bruno Foresti, per il riconoscimento della venerabilità delle due sorelle, ottenuto nel 1999.

A sinistra della porta d'uscita, sulla parete, un dipinto su tela del XVII-XVIII secolo, ci mostra una religiosa in atteggiamento estatico, che potrebbe essere Angela.
L'identificazione della Santa in questa figura è discutibile. Nel caso in cui si trattasse effettivamente di un suo ritratto, potrebbe essere arbitrario attribuirle una vera e propria estasi. Sappiamo infatti che la Merici fu sempre molto cauta nei confronti dei fenomeni mistici straordinari, ma che questa sua prudenza si trasformava in riverenza quando vi riconosceva l'intervento divino.

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